QUATTRO MATRIMONI E UN FUNERALE
Quattro idee da sposare e una consuetudine da sopprimere per una felice e proficua gestione del giardino.
Molti anni fa mi trovavo a Bergen, cittadina dell'Olanda Settentrionale, e dopo cena, non avendo altro da fare, mi sono messo a girovagare tra le vie di un quartierino residenziale, osservando i deliziosi giardinetti, piccole front yard, delle villette del quartiere. Erano spazi senza pretese eppure suggestivi, per cui mi sono impegnato a studiarli attentamente. Non vi erano praticelli ben rasati, ma aiuole scompigliate ricche di erbe dall'aspetto spontaneo.
Qualche anno prima avevo visitato gli arcipelaghi a nord della Scozia, le Orcadi e le Shetland. Avevo notato che fuori dai negozi dei fioristi locali erano ammassati, in mostra e in vendita, vasetti di piantine che qui siamo soliti estirpare perché considerate "erbacce" che deturpano le nostre aiuole e i nostri pratini "all'inglese".
Più recentemente, mi è capitato di partecipare ad un tour improvvisato guidato da un'esperta di erbe spontanee in un vecchio giardino pubblico milanese, nel quale era stato creato un tappeto erboso formale per ospitate i giochi dei bambini, in un contesto di aiuole informali contornate da ceppo lombardo. Dopo aver esaminato pervinche, piantaggini, bugole, cicorie, denti di leone, bardane, malve, borragini, e non so che altro, con citazione dei relativi nomi botanici, alla fine del giro l'esperta ci ha fatto sostare sul pratino all'inglese dei giochi e ci ha chiesto che cosa pensassimo, a quel punto, di ciò che stava sotto i nostri piedi. Era mesto e desolante.
Il pensiero corre a coloro che si affannano ad estirpare dal prato e dalle aiuole qualsiasi cosa spunti senza autorizzazione, in base al principio che ciò che non si è piantato non ha diritto di crescere. Forse bisogna abbandonare questo modo, peraltro faticoso, di vedere le cose e lasciar fare un po' alla natura, che a volte fa in giardino un lavoro pregevole, senza nemmeno richiedere uno stipendio.
Detto di ciò che secondo me è da evitare, cioè accanirsi contro le piante spontanee, spregiativamente dette "erbacce", vengo a ciò che a mio parere sarebbe buono e giusto: è il mio principio "CCCP", che non ha niente a che fare con l'URSS, ma sta per Coltivare-Confinare-Compostare-Pacciamare.
Coltivare significa mantenere un micro-vivaio creato in proprio, in modo semplice e con poco impiego di tempo. Comporta il non potare le piante fino a quando i loro frutti non sono maturi e con semi fertili, lasciandole quindi disseminare. Nel mio giardino, che è anche sperimentale, si riproducono in questo modo con grande efficienza pitosfori (Pittosporum tobira), allori (Laurus nobilis), eleagni (Elaeagnus pungens), nandine (Nandina domestica), tassi (Taxus baccata), viburni (Viburnum tinus), ligustri (Ligustrum vulgare), falsi gelsomini (Trachelospermum jasminoides) e purtroppo anche la farnia (Quercus robur), che non posso certo permettermi di lasciar moltiplicare nel mio piccolo spazio verde. Un gran numero di palme rustiche (Trachycarpus fortunei) sono invece un involontario regalo del mio vicino. La lonicera nitida (Lonicera ligustrina 'Nana Aurea') dà invece facilissime talee: per riprodurla basta conficcare in terra una qualsiasi porzione di rametto. Per far ciò, bisogna "partire bene", cioè mettere inizialmente a dimora piante adatte alle condizioni pedoclimatiche locali, che pertanto trovino facile riprodursi in sito. A fine novembre o inizio dicembre, col riposo vegetativo, prima che il terreno geli, si può procedere a espiantare le piantine già abbastanza sviluppate e invasarle con del buon terriccio, pronte all'uso quando si tratterà di infoltire qua e là o di riempire lacune lasciate da piante morte o stentate. Il successo delle piante madri garantisce quello della figliolanza. In definitiva, pochissimo lavoro, spesa nulla, risparmio notevole, risultato assicurato.
Confinare significa tenere le piante separate dal prato, o singolarmente o in aiuole composite. Devono esserci cordoli per distanziare il prato da alberi, arbusti ed erbacee, in modo da non avvicinarvi il tosaerba ed evitare l'impiego del cosiddetto decespugliatore, arnese che spesso incide, per imperizia, ciò che assolutamente non va inciso (tipicamente, la corteccia al piede degli alberi). I cordoli a raso del prato semplificano il lavoro, permettendo la sovrapposizione del tosaerba (senza, ovviamente, che tocchino le lame!) e rendono inutile il decespugliatore. All'interno del cordolo a raso un secondo cordolo può essere rilevato per contenere la pacciamatura dell'aiuola.
Compostare significa quello che già tutti sanno. Innumerevoli pubblicazioni trattano della tecnica del compostaggio e del suo valore agronomico. Qui si vuol mettere invece l'accento sul risparmio economico e di lavoro che il compostaggio comporta. Con del compost a disposizione non si devono acquistare né terricci né concimi, se non per esigenze del tutto particolari, e non si devono compiere innumerevoli viaggi per il conferimento nei centri di raccolta degli scarti vegetali (erba, foglie, ramaglie): il compostaggio trasforma un rifiuto in una risorsa.
Pacciamare significa ricoprire il suolo con uno strato protettivo. È tecnicamente pacciamatura anche la stesura di un telo di plastica sul terreno, ma qui ci interessa la pacciamatura con materiale vegetale. Un giardino produce tipicamente notevoli quantità di pacciame: foglie morte, rametti, cippato o triturato di ramaglie ed erba sfalciata, da distribuire soprattutto a fine autunno, per proteggere il suolo e quindi gli apparati radicali dal gelo invernale, e a fine primavera, per evitare che la terra si surriscaldi e per farle trattenere l'umidità. Il pacciame vegetale agisce anche da concime a lento rilascio e da fertilizzante generico, poiché si degrada col tempo arricchendo il terreno di composti minerali e di sostanze organiche (acidi umici e fulvici). Vale anche per la pacciamatura ciò che si è detto per il compostaggio a proposito del risparmio di tempo e di denaro che comporta, in aggiunta ai vantaggi agronomici.