LA RAM

Qui la RAM non è la “Random Access Memory” dei computer, ma lo strano trinomio Robinia-Acacia-Mimosa.

12 OTT 2021 · Tempo di lettura: min.
LA RAM

Una delle piante più vituperate che ci siano è la robinia, che per sovrapprezzo si sente pure chiamare spesso con il nome sbagliato di acacia.

Della confusione che può generare l'uso per le piante dei nomi volgari (cioè dei nomignoli locali) si è già detto in https://www.guidagiardini.it/articoli/pensieri-e-parole. Chi prende un barattolo di "miele di acacia" ne ha un esempio in mano. Chi riceve in omaggio un "rametto di mimosa" per la Giornata della Donna ne regge un altro esempio, perché in realtà si tratta di un rametto di acacia.

Questo tipo di confusione lega tra loro queste tre protagoniste: la robinia, che è spesso chiamata "acacia", l'acacia, che è spesso chiamata "mimosa", e la mimosa, che purtroppo non è chiamata "robinia", perché così avremmo chiuso il circolo. Vediamo di chiarire.

La Robinia

La robinia che si trova nei boschi del Nord Italia è la Robinia pseudoacacia: il prefisso "pseudo" che compare nel suo epiteto specifico la dice lunga. Decorosa come esemplare isolato, in fustaia non è obiettivamente una gran bellezza: il tronco è scheletrico, la corteccia è disordinatamente solcata, i giovani rami sono spinosi, la chioma è disarmonica, le foglie composte (imparipennate) hanno forma e colore banali, e quando in autunno le perde forma boschetti un po' spettrali.

È ritenuta una pianta alloctona, e a rigore lo è, in quanto originaria del Nord America. Introdotta in Europa, a Parigi, nel 1601 da Jean Robin (da cui l'epiteto generico), giardiniere, botanico e farmacista alla corte di re Enrico IV, a un certo punto ha cominciato ad essere considerata una pianta infestante, che si propaga rapidamente e facilmente, uccide il sottobosco, inibisce la crescita dei pregiati funghi porcini, compete con le latifoglie autoctone e nel complesso riduce la biodiversità. Insomma, si direbbe proprio un gran disastro.

Niente affatto. La robinia è invece una pianta dalle molte virtù.

Appartiene alla famiglia delle Fabaceae, cioè è una leguminosa; e da buona leguminosa ha radici che si associano simbioticamente a batteri azoto-fissatori che "mineralizzano" l'azoto atmosferico, rendendolo disponibile come nutriente. Significa che questa pianta, invece di assorbire l'azoto del terreno, utilizza quello dell'aria, e in tal modo non solo non depaupera il terreno ma addirittura lo arricchisce. Inoltre è poco longeva: campa in media un'ottantina di anni, e anche meno, poi muore e si decompone arricchendo il suolo anche di materia organica.

Ciò fa della robinia una specie pioniera, che cresce su terreni incolti, poveri e degradati, inospitali per molte specie autoctone e dove la biodiversità è molto ridotta. Perciò, in casi del genere non entra in competizione con specie ritenute più pregiate ma, al contrario, prepara loro il terreno. Grazie al suo lavoro preparatorio, specie arboree più esigenti trovano condizioni adatte per svilupparsi e cominciano a competere, soprattutto per la luce, con successo. La robinia, che mal si adatta a condizioni di luce scarsa, abbandona il campo: è pertanto da ritenersi una specie eliofila e transitoria. Si può ben dire che in luoghi degradati le altre specie lasciano fare alla robinia tutto il lavoro sporco, per poi subentrare al suo posto.

In effetti, in letteratura si trova tutto e il contrario di tutto: ad esempio, situazioni in cui i robinieti hanno scalzato i castagneti e situazioni in cui è avvenuto l'opposto. Occorre rilevare che l'invasività della robinia è molto influenzata dalle pratiche colturali: se ceduata si propaga pollonando con grande esuberanza, mentre lasciata a sé si riproduce con più difficoltà e tende a soccombere alla competizione.

La robinia ha pure un valore giardinistico e paesaggistico. La varietà R. pseudoacacia 'Frisia' è molto decorativa per il suo fogliame giallo-oro in primavera e in autunno. Le radici, robuste e molto sviluppate, consolidano efficacemente terreni sciolti e franosi. Inoltre il suo legno duro e molto resistente alla marcescenza è adatto per manufatti da esterni, come tavolini e sedie ("in acacia", naturalmente…), ma anche montanti e traverse per pergolati. È quindi una valida alternativa ai legni esotici e contribuisce a limitare le deforestazioni ai tropici. Non si possono invece ricavare grandi tavole dal suo tronco, che, avendo poco tempo per svilupparsi, rimane tipicamente di diametro limitato.

Ma la robinia è soprattutto una specie mellifera molto apprezzata: i suoi fiori, riuniti in vistosi grappoli penduli, oltre ad essere commestibili, gradevoli alla vista e deliziosamente profumati, sono molto visitati dalle api. Sappiamo bene quanto questo sia importante per un ecosistema; oltre che, naturalmente, per il gusto degli umani che apprezzano il miele (il quale, pur di non rendere merito alla robinia, viene chiamato "miele di acacia").

Per una disamina delle proprietà della robinia, soprattutto in campo apistico ma non solo, si rimanda a https://capttodotorg.files.wordpress.com/2016/03/robinia-altro.pdf. Per un punto di vista che valuta i pro e i contro di questa specie si può vedere https://www.waldwissen.net/it/economia-forestale/selvicoltura/una-specie-che-fa-discutere.

L'acacia

L'acacia, quella vera, che si usa donare alle donne l'8 Marzo ed è chiamata "mimosa", è invece la specie Acacia dealbata, che, come la "falsa acacia", cioè la robinia, è una pianta pioniera e mellifera. È però molto più delicata della robinia, e nel Nord Italia, a parte i laghi maggiori, è una presenza rara. Sperimentata nel mio giardino ha avuto una vita assai breve, soccombendo alla prima gelata, ma in un giardino cento metri più in là un esemplare già ben sviluppato sta prosperando ormai da molti anni. Magie del microclima!

La sua congenere Acacia pycnantha è balzata agli onori della storia divenendo, qualche decina di anni fa, l'emblema floreale dell'Australia, di cui era già in sostanza una pianta-simbolo. Se qualcuno volesse chiedersi come mai i colori delle nazionali sportive australiane siano il giallo e il verde, pensando all'acacia (cioè alla "mimosa") ne otterrebbe la risposta.

La mimosa

La (vera) mimosa più nota è la Mimosa pudica, detta "sensitiva", che ha la curiosa caratteristica di reagire al tocco ripiegandosi su se stessa e contraendo le foglie. È un piccolo arbusto amante del caldo, che già sotto i 20°C comincia a trovarsi a disagio. Si capisce bene che nel nostro Paese non può avere una grande fortuna.

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