IL NOME DELLA ROSA
Origine e significato della moderna nomenclatura botanica: da Bauhin all’ICN, passando dal grande Linneo.
Il nome della rosa è Rosa.
Ma è un caso fortunato, considerato che, ad esempio, il nome del "falso gelsomino" è Trachelospermum jasminoides, quello del "maggiociondolo" è Laburnum anagyroides, quello della "palma cinese" è Trachycarpus fortunei, quello della "sofora" è Styphnolobium japonicum, quello del "cipresso da siepe" è × Cuprocyparis leylandii (proprio così, col segno di moltiplicazione davanti al nome); e tutto ciò grazie a Linneo, perché prima di lui le cose erano molto più complicate.
Ora i nomi botanici, dei quali abbiamo appena visto qualche esempio, sono regolati dall'International Code of Nomenclature for algae, fungi, and plants (https://www.iapt-taxon.org/nomen/main.php), in breve ICN, ma prima di Linneo i nomi delle piante, nel meritevole tentativo di privarli di ogni ambiguità, erano costituiti da lunghe perifrasi descrittive: più che dei nomi erano delle frasi.
Carl Nillson Linnaeus (1707-1778), svedese, meglio noto un Italia come Linneo, è considerato il padre della Botanica moderna: di fatto, è stato per la Botanica un po' quello che Einstein è stato per la Fisica. Narra la storia, o più probabilmente la leggenda, che il piccolo Carl facesse spesso irritare il padre, appassionato naturalista, perché non ricordava mai i nomi delle piante. Forse per questo, diventato adulto e uomo di scienza, Carl aveva pensato di adottare un sistema più rigoroso e razionale, nonché più pratico, per denominare le piante.
Entrava in scena così quella che è nota come nomenclatura binomia, un sistema che assegna ad ogni specie vegetale un nome composto da due parole, dette epiteti: un epiteto generico (una sorta di cognome) e un epiteto specifico (una sorta di nome di battesimo). Una volta classificata una piante all'interno di un certo genere, al quale è già stato assegnato un nome, l'epiteto generico è automaticamente determinato, perché deve coincidere con il nome del genere. Gli epiteti specifici servono invece a distinguere le diverse specie all'interno di un certo genere: ad esempio, Trachelospermum jasminoides è il nome della specie, appartenente al genere Trachelospermum, di cui jasminoides è l'epiteto specifico.
Riassumendo: nome specifico = nome del genere + epiteto specifico.
La regola vuole anche che il nome del genere sia scritto in corsivo con l'inziale maiuscola e l'epiteto specifico in corsivo con l'iniziale minuscola. In campo scientifico il nome di una specie è reso più complesso da ulteriori notazioni, che aggiungono l'autore che l'ha scoperta e descritta per primo, eventualmente di quello che l'ha riclassificata, e, se si tratta di un ibrido, il segno di moltiplicazione. Esistono poi "sottospecie", "varietà", "cultivar" e "forme" che si aggiungono al nome specifico, ma che qui omettiamo di trattare.
Questi nomi scientifici derivano da una lingua classica, il Latino o il Greco, e, in accordo con il Principio V dell'ICN, sono trattati come latini, indipendentemente dalla loro origine. Gli epiteti sono tipicamente evocativi (si riferiscono a una certa caratteristica della pianta) o celebrativi (rendono omaggio a un determinato personaggio), oppure riprendono il nome "volgare", cioè in uso nel linguaggio colloquiale.
Infine, una doverosa precisazione. Molti ritengono, erroneamente, che Linneo sia l'inventore della nomenclatura binomia, quando in realtà l'ha solo adottata. L'invenzione risale invece a un secolo e mezzo prima ed è merito di un botanico svizzero di origine francese, Gaspard Bauhin (1560-1624). Bauhin, evidentemente, era arrivato troppo in anticipo sui tempi, che sarebbero stati maturi per l'adozione della sua nomenclatura solo a metà del XVIII Secolo.