I TRE BISOGNI DEI GIARDINI TERAPEUTICI

Un “giardino terapeutico”, o “healing garden”, necessita di una progettazione specifica e calibrata su tre tipi di bisogni: dei fruitori, del paesaggio e dell’ambiente

15 LUG 2024 · Tempo di lettura: min.
I TRE BISOGNI DEI GIARDINI TERAPEUTICI

È noto che la natura, spontanea o ricostruita, ha intrinsecamente un effetto curativo per la mente e per il corpo. La bellezza pure. Un giardino ben concepito unisce natura e bellezza; perciò ha già di per sé un grande valore terapeutico. Questo principio è ben riconosciuto dal concetto di Parco della Salute, di cui si è già detto [https://www.guidagiardini.it/articoli/i-parchi-della-salute, https://www.guidagiardini.it/articoli/contro-il-logorio-della-vita-moderna].

Tuttavia, tecnicamente un Giardino Terapeutico è definibile come un giardino per curare, tramite specifiche scelte progettuali, condizioni fisiche o psichiche di malattia, disagio, malessere o menomazione, in affiancamento alle terapie mediche in senso stretto. Difficilmente la proprietà terapeutica è generalista: per lo più il giardino è specificamente destinato a persone con particolari condizioni (anzianità, disabilità, mobilità ridotta [https://www.guidagiardini.it/articoli/una-fata-moderna]…) o sindromi (autistiche, di Down, di Alzheimer...), nonché ai loro familiari e al personale curante, spesso sotto stress per il grande impegno richiesto (il cosiddetto burnout).

Progettare un giardino terapeutico dovrebbe richiedere l'immersione del progettista per un certo tempo nella realtà della situazione, con un serrato dialogo tra le parti e un continuo affinamento del progetto fino a completa soddisfazione dei fruitori. L'affidamento del progetto ad un concorso è a mio avviso già in partenza inappropriato, perché nega questa condizione immersiva e interattiva, che difficilmente può essere surrogata da un briefing o da un fugace sopralluogo. Il problema può poi essere amplificato da una scarsa comunicazione con la segreteria organizzativa o dalla nomina, magari a posteriori, di una commissione giudicante con alcuni membri non esperti di giardini ed altri non esperti in terapia.

In generale, un giardino di qualsivoglia tipologia deve possedere i requisiti del pregio paesaggistico e della sostenibilità ambientale. Quest'ultima caratteristica è ormai irrinunciabile, dati i problemi legati alla crisi climatica, a un uso inefficiente e non circolare delle risorse, a una gestione inadeguata dell'acqua, all'inquinamento dell'aria e a un eccessivo consumo, impoverimento e impermeabilizzazione del suolo. Anche un giardino terapeutico non dovrebbe pertanto sottrarsi al giudizio sul valore estetico e su quello ecologico, e c'è da chiedersi quanto sia appropriata una valutazione che non prenda in considerazione, accanto al ruolo, queste due altre proprietà.

Non va affatto trascurata la godibilità di un giardino terapeutico in ogni momento del giorno e dell'anno. Soprattutto, la progettazione dovrebbe tenere in gran conto i mesi freddi e a brevità diurna dell'autunno e dell'inverno con soluzioni ad hoc, perché è proprio quello il periodo in cui le persone in genere sono psicologicamente più fragili, e lo sono in modo particolare gli individui già fragili di per sé (un problema drammatico nei Paesi nordici). La valutazione di un progetto dovrebbe quindi considerare a fondo questo aspetto.

Infine un giardino, dopo l'impianto, necessita di cura. Uso la parola "cura", e non "manutenzione", perché le piante sono esseri viventi, e non si fa manutenzione di esseri viventi. Esistono troppi giardini partiti con le migliori intenzioni, ottime progettazioni e ottime realizzazioni, e affidati poi all'incuria, vanificando grandi sforzi intellettuali e manuali. Un giardino terapeutico, in particolare, è un giardino che cura e che dev'essere curato, a maggior ragione in forza del suo ruolo.

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