SE MANCA LA TERRA SOTTO I PIEDI
Si sente molto parlare di consumo di suolo, ma pochissimo di generazione, rigenerazione e conservazione locale dello stesso: tre azioni che possono essere intraprese a livello di microscala
Come riportato dall'ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), "il consumo di suolo è monitorato dal Sistema Nazionale per la Protezione dell'Ambiente che ogni anno realizza il Rapporto nazionale "Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici". È un fenomeno associato alla perdita di una risorsa ambientale fondamentale, dovuta all'occupazione di superficie originariamente agricola, naturale o seminaturale. Il fenomeno si riferisce, quindi, a un incremento della copertura artificiale di terreno, legato alle dinamiche insediative. Un processo prevalentemente dovuto alla costruzione di nuovi edifici e infrastrutture, all'espansione delle città, alla densificazione o alla conversione di terreno entro un'area urbana, all'infrastrutturazione del territorio" (https://www.isprambiente.gov.it/it/attivita/suolo-e-territorio/suolo/il-consumo-di-suolo).
Accantonamento
Certo, si può risparmiare suolo evitando di costruirci sopra, preservando il terreno da interventi edili o stradali, ma se questi interventi proprio non si possono (o non si vogliono) evitare, si può risparmiare suolo anche mettendolo, letteralmente, da parte. Non si tratta di scoprire nulla di nuovo, ma semplicemente di applicare una buona prassi tanto nota quanto disattesa: prima di iniziare uno scavo o un movimento di terra, togliere la cotica fertile superficiale e accumularla per un uso successivo. Nel caso di uno scavo, il terreno messo da parte può essere impiegato per la copertura dello spazio attorno; nel caso di un movimento di terra, steso di nuovo sulla stessa superficie, una volta rimodellata. Se per la ricopertura si usano mezzi leggeri si evita anche la compattazione provocata dai mezzi, solitamente molto pesanti, usati per gli interventi (e la compattazione deve essere considerata al pari di un consumo).
Rigenerazione
Un suolo libero, ma che ha perso "struttura" e fertilità, può essere invece rigenerato con la pratica del "sovescio", facendo crescere piantine che verranno poi interrate al momento opportuno. In tal modo il terreno si arricchisce in carbonio e, se le piantine sono azoto-fissatrici tramite simbiosi radicale con dei batteri, anche di azoto. Se si tratta di piante di maggiori dimensioni (arbusti o alberi) il terreno viene anche "lavorato" per azione meccanica delle radici. È il ruolo che già in natura svolgono le cosiddette "piante pioniere", che riescono a crescere in terreni incolti e degradati e, dopo aver fatto il lavoro sporco, soccombono – ubi maior minus cessat – allo spuntare di piante più esigenti. Tra gli alberi, le tanto vituperate robinie (Robinia pseudoacacia), oltre ad avere diverse poco riconosciute qualità, sanno svolgere alla perfezione questa mansione.
Generazione
Ma il suolo può anche essere costruito ex novo, si potrebbe proprio dire "di sana pianta", con la pratica del compostaggio. Ogni giardino dovrebbe prevedere un angolo in cui raccogliere gli scarti vegetali delle sue lavorazioni, integrati da quelli della cucina, per ottenere del compost che, una volta maturo, può essere integrato nel terreno o, forse ancora meglio, deposto superficialmente su di esso come una pacciamatura. La pacciamatura stessa, anche con materiale non compostato (foglie morte, trucioli di legno, paglia, corteccia sminuzzata, ecc.) produce suolo fertile in capo a pochi anni. Poiché il suolo naturale ha una grossa componente minerale, generata dalla disgregazione delle rocce massive originarie, si può inoltre studiare l'effetto di disgregare artificialmente dei manufatti in demolizione e lasciare sul posto, mescolate a terriccio organico, parte delle risultanze di tale operazione (alcuni studi, ancora piuttosto pionieristici, sono già in corso).
Insomma, si può e si deve risparmiare suolo, ma si può e si deve anche generarlo o rigenerarlo.