CHIRURGIA PLASTICA
Dai prati finti alla finta edera, dai pavimenti antitrauma alle pacciamature con teli, con la plastica si vorrebbero “abbellire” parchi e giardini, aiuole e rotatorie stradali, con risultati però da “chirurgia antiestetica”
Io non sono certo pregiudizialmente schierato contro le materie plastiche; tutt'altro. La "plastica" (in realtà un vasto insieme di polimeri termoplastici, affiancato dagli elastomeri, cioè le gomme, e dalle resine termoindurenti) è economica, leggera, infrangibile, resistente, pratica, e ha grandemente contribuito al nostro progresso. È un materiale organico (da non confondere con "biologico") dalle molte virtù, risolutivo in molti campi delle industrie umane. Ha pure generato un Premio Nobel genuinamente italiano: quello a Giulio Natta, per il polipropilene isotattico (ricordate il Moplen?). Al giorno d'oggi la "plastica" è semplicemente indispensabile.
Eppure qualche tempo fa si era diffuso uno slogan pubblicitario (cito a memoria, potrei leggermente sbagliare): chi odia la plastica è amico dell'ambiente. In realtà chi odia la plastica è nemico del ragionamento (si veda a tale proposito, ad esempio, la prefazione in https://plasticsparadox.com/wp-content/uploads/2021/05/Il-Paradosso-Della-Plastica-The-Plastics-Paradox-FREE-DOWNLOAD.pdf). Invece della plastica, incolpevole compagna di tutti i nostri usi e di tutte le nostre attività, bisognerebbe odiare chi ne abusa, la spreca, la getta, la abbandona nell'ambiente.
Sono invece radicalmente contrario ai giardini di plastica, perché il giardino dovrebbe essere il regno della naturalità, anche se indirizzata dalla cultura. L'uso della plastica nel giardinaggio è legittimo, ma non è detto che sia opportuno. Le controindicazioni sono non soltanto estetiche, ma anche ambientali e sanitarie: con l'usura, le plastiche generano le microplastiche, e ancor più quando sono impiegate con imperizia. Trovo che alcuni elementi in plastica, come vasi, fioriere, reti e grigliati, siano in linea di massima accettabili; altri, come i bordi di contenimento, un po' meno; altri ancora, come i capanni per gli attrezzi, molto meno; e altri, infine, proprio per niente.
Cominciamo proprio dal per niente. Il caso decisamente peggiore di plastica in giardino è costituito dai prati sintetici, improponibili simulacri delle distese erbose naturali. In un momento in cui l'arte del giardino sta spingendo verso una maggiore naturalità, che si coniuga con biodiversità e sostenibilità ambientale e risponde anche a un sentimento estetico più maturo, l'impiego dei "prati sintetici" procede vistosamente in controtendenza. Non riesco a considerare "giardino" un luogo tappezzato di plastica verde. Voglio ammettere che sono state sviluppate erbe sintetiche di ottima qualità meccanica ed estetica, ma l'estetica è limitata ai singoli fili di "erba": visto nel suo insieme, il "prato" risultante è un tappeto del tutto omogeneo e senza la minima imperfezione, che urla tutta la sua falsità. Esposto al sole, un prato sintetico si surriscalda e non è percorribile a piedi nudi; propaga un eventuale incendio; riduce drasticamente la biodiversità; produce anidride carbonica invece di assorbirla; immette microplastiche nell'ambiente. In definitiva, il prato sintetico può essere giustificato solo se impiegato in piccolissime dosi e in particolarissime circostanze.
Altro elemento che si distingue per la sua palese falsità è l'edera di plastica, usata a volte per ricoprire muri perimetrali antiestetici; peccato che l'edera sintetica sia ancora più antiestetica del muro che è chiamata a camuffare. A volte la si vede anche aggrappata alle ringhiere dei balconi, per creare maggiore intimità. Esposta al sole, ingrigisce rapidamente assumendo un aspetto orribilmente squallido.
Nelle aree dei giochi per bambini sono frequenti le pavimentazioni antitrauma in gomma. Anche in questo caso i prodotti in commercio sono tecnicamente molto buoni, e le vivaci colorazioni le rendono attraenti per i più piccoli. Ma quando fa molto caldo la gomma si surriscalda al sole e, anche se non vengono emesse sostanze volatili tossiche, l'area diventa piuttosto inospitale. Inoltre la gomma si rovina per l'abrasione da calpestamento e per l'esposizione agli agenti atmosferici ed i colori alla lunga si alterano, rendendo opportuna una sostituzione. Uno strato di adeguato spessore di corteccia di conifera di grande pezzatura adempirebbe alla stessa funzione, con anche, a mio parere, un vantaggio estetico e una maggiore coerenza paesaggistica.
Nelle rotatorie stradali e nelle aiuole urbane sono grandemente utilizzati i teli pacciamanti di polimero, solitamente neri. Spesso sono deposti con scarsa cura, per cui, invece di rimanere nascosti dalla vegetazione e da uno strato superiore di corteccia, emergono alla vista. Inoltre si lacerano piuttosto presto per l'usura, aggravata dal calore assorbito, e si sfilacciano diffusamente: l'effetto visivo è quello di un'area incolta e trascurata, anche quando le piante messe a dimora sono di elevata qualità. Pacciamando con solo strati di materiale naturale (corteccia, segatura di legno, triturato di ramaglie…) si eviterebbero questi inconvenienti.
A margine, si può citare un caso esecrabile di abbandono della plastica e di cattiva gestione dei rifiuti, legato al taglio dell'erba nelle aree pubbliche. Succede spesso che l'incaricato del taglio proceda all'opera senza prima aver rimosso dall'area i rifiuti lasciativi da persone incivili, tipicamente sacchetti e bottigliette di plastica, e vi passi sopra con il tosaerba o il trattorino. In questo modo vengono disseminati in tutto lo spazio frammenti di rifiuti prima integri, moltiplicandone il numero e amplificandone il deleterio effetto.